Piero Ragazzi | Hallberg Rassy 41
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Hallberg Rassy 41

Concreto e solido cruiser d’altura. Un modello che ha mantenuto il suo valore nel tempo. Ricco di attrezzature e dalle finiture di pregio.

Provate a stilare una lista delle dieci barche che, prescindendo dalle dimensioni e dall’età, più stuzzicano i vostri desideri. Io l’ho fatto parecchi anni fa e, nel tempo, conoscendo sempre meglio questi”oggetti del desiderio”, mutando i gusti e le priorità, ho sostituito parecchi modelli con altri che sono entrati a far parte della “Top Ten” nella mia personale hit. Tra le poche barche che non ho mai pensato di pensionare c’è l’Hallberg Rassy 41. In queste righe, riferendomi alle esperienze avute su due diversi esemplari, cercherò di esaminare con obiettività uno dei pochi velieri che, a mio modo di vedere, offre più di ciò che si paga con l’acquisto di un buon usato.
Il numero di unità varate tra il 1975 e il 1981, di poco superiore alle 100, può apparire modesto se paragonato ai volumi raggiunti da modelli più recenti, ma dobbiamo considerare che in quegli anni lo yachting era ancora lontano dall’essere un’attività diffusa e che l’HR 41 non era decisamente una barca per tutti. Coniugava le grandi qualità di un eccellente cruiser d’altura con una ricca dotazione di accessori di qualità e finiture degli interni di buon artigianato; di conseguenza i costi, rapportati alle dimensioni, erano tutt’altro che popolari.

Hallberg Rassy 41 EsterniCostruzione

Lo scafo, realizzato laminato a mano vetro e resina poliestere in single skin con spessori “impressionanti”, presenta linee d’acqua dedicate alle lunghe navigazioni, con una pinna di zavorra molto estesa longitudinalmente (comunemente definita “oceanica”) e uno skeg rassicurante per la pala del timone. E’ naturale conseguenza la capacità di offrire elevata stabilità di rotta e una capacità evolutiva non molto spiccata. L’asse dell’elica non è retto dal consueto sperone (braccetto) ma scorre entro un tunnel che lo preserva dal rischio di urti contro corpi estranei e dai danni negli alaggi. Per la coperta il cantiere ha optato per un solido sandwich con anima in schiuma polivinilica impreziosito da un rivestimento in teak massello posato, come si usava al tempo, con viti. E’ armato a ketch con genoa e trinchetta su avvolgifiocco posizionati sulla delfiniera. Entrambi gli alberi sono poggiati in coperta e la maestra scarica la pressione direttamente nella zona della paratia tra la dinette e la zona di prora, evitando la presenza di un puntale che riduce l’abitabilità della zona più “vissuta” della barca. La qualità del materiale utilizzato per alberi e boma è elevata: appare evidente osservando che, sulla barca più vecchia esaminata (30 anni di vita), la corrosione era ridotta al minimo anche nelle zone in cui l’isolamento in materiale plastico posto tra l’allumino e la ferramenta in acciaio inox si era deteriorato.
Il sartiame è realizzato con fune spiroidale continua di elevata sezione in rapporto alla superficie velica certamente non estrema. Il pozzetto centrale è ben riparato e lo spry hood posto sul parabrezza del tambuccio di accesso alla dinette crea una zona completamente protetta dagli spruzzi.

Hallberg Rassy 41 EsterniProva

Vento fresco e onda viva e corta per le prove. La barca ha evidenziato caratteristiche del tutto prevedibili dopo l’esame a secco, ma ciò che ha superato le aspettative è la marinità e la dolcezza della navigazione anche con onda ripida al mascone. Il dislocamento di oltre 10 tonnellate, se da una parte condiziona la capacità di accelerare e la reattività alle piccole variazioni del vento e alle regolazioni, offre facilità di conduzione e comfort di navigazione. Non è certo un mistero che questo tipo di barche siano penalizzate nelle andature larghe do-ve pagano alle costruzioni più recenti o più “tirate” lo scotto di possedere una grande superficie bagnata e un baglio contenuto, ma se desiderate poter risalire efficacemente il vento e il mare, l’HR 41 non sarà avara di soddisfazioni. Poco di originale da dire sul comportamento sotto vela: possibilità di lasciare a lungo la ruota del timone senza che la barca diventi inopportunamente ardente, reazioni dolci e prevedibili alle sollecitazioni imposte da vento e onde, buon angolo di bolina e potenza sufficiente per non dover poggiare a ogni onda che bagna il musone. Di contro, ovviamente, anche le caratteristiche che un utente sportivo non desidera: reattività modesta alle regolazioni dell’armo o alle variazioni del vento, andature larghe un po’ sonnolente e prontezza di manovra non regatistica.
A motore, la cosa che più sorprende è che la rumorosità, per altro non eccessiva, è più avvertibile in pozzetto che non all’interno. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che la colonnina del timone si apre alla sommità della sala macchine; i frenelli e le pulegge del timone impediscono di isolare efficacemente quest’apertura. Per quanto riguarda le manovre a bassa velocità, in spazi ristretti o in retromarcia, è significativo segnalare che una delle due barche provate montava un bow thruster elettrico. Ritengo che l’installazione dell’elica di prora sia la più utile tra le poche migliorie consigliabili. I 75 cavalli di potenza del Volvo installato in origine (e tanto tetragono all’usura da essere ancora installato su entrambe), risultano più che sufficienti per navigare contro vento e mare alla massi-ma velocità permessa dalla lunghezza bagnata dello scafo. Sostituire quest’unità con una più moderna, leggera e performante è possibile ma ritengo sia di poco vantaggio rispetto a una revisione completa del vecchio motore. Praticamente inavvertibili dal pozzetto le vibrazioni anche grazie al tipo di sospensione dell’albero portaelica collocato, come già detto, all’interno di un tunnel ricavato nella vetroresina dello scafo. Le due barche montavano eliche diverse: una tripala fissa dal buon rendimento in manovra ma un po’ rumorsa sottovela se lasciata libera di ruotare e penalizzante se bloccata. Una tripala orientabile Max Prop che offriva caratteristiche di spinta molto simili alla tri-pala fissa e una rumorosità praticamente inesistente.

Coperta

Le prime cose che si notano su una barca di questa età sono la qualità del gelcoat che presenta pochissime “tele di ragno” e la compattezza invidiabile del sandwich. Il teak che riveste la coperta (di eccellente qualità quello di primo equipaggiamento) aiuta a distribuire i carichi su superfici più ampie ma non dimentichiamo che le dogarelle sono fissate sulla vetroresina con viti e sarebbe più che normale aspettarsi qualche problema. Il pozzetto centrale e la tuga della cabina di poppa condizionano le possibilità di scelta del progettista: la coperta appare un po’ “tormentata” e non offre grandi spazi prendisole. Molto sicura la deambulazione sui passavanti laterali grazie ai tientibene sulla tuga e all’alta falchetta ricavata dallo stampo e rifinita in teak. Su alcune barche le dogarelle, quando usurate, sono state sostituite con un nuovo rivestimento posato sulla vetroresina con colla evitando così le possibili infiltrazioni di acqua dai fori delle viti. La bombola del gas è alloggiata nel pozzo della catena, questa soluzione offre il fianco ad alcune critiche: quella più importante riguarda la sicurezza. Per quanto il vano sia dotato di ombrinale per lo scarico dell’acqua che assolve anche al compito di ventilare e “lavare” eventuali depositi di gas, la presenza di componenti dell’impianto elettrico del verricello rappresenta un potenziale pericolo per la possibilità di scintille accidentali. L’altra nota riguarda la durata della bombola che, non essendo costruita in metallo antiruggine, ha vita breve in un ambiente ove la presenza di acqua salata è assolutamente normale. Il pozzetto è organizzato anche per un navigatore solitario e il paranco della scotta di randa è fissato alla base della mezzana in modo da permettere al timoniere di regolare la vela senza abbandonare la piccola ruota del timone in teak.

Hallberg Rassy 41 InterniInterni

Sulla tuga della cabina di poppa si apre un tambuccio di dimensioni non molto ampie servito da una scala verticale non troppo comoda e che costituisce il secondo accesso a quel locale. L’ingresso principale alla dinette è previsto attraverso l’ampio tambuccio posto a prora in pozzetto; i gradini per la discesa sono costituiti dal mobile del lavello e da una piccola scala formata di due soli gradini. Sottocoperta sulla destra la cucina a L con doppio lavello, frigorifero a pozzo e abbondanti spazi d’appoggio e lavoro. Sulla sinistra, subito dietro a un tavolo da carteggio di dimensioni adeguate, troviamo il carruggetto che porta alla cabina di poppa. Locale arredato con mobile a paratia di fronte al quale si aprono le porte della sala macchine. Definire tale il vano motore non è un’esagerazione, lo spazio sia per la manutenzione sia per l’installazione di accessori (riscaldamento, boiler, generatore, caricabatterie ecc.) è veramente inusitato. A poppa troviamo la cabina armatoriale con due cuccette a V (che non possono essere trasformate in un letto matrimoniale) e con servizi privati. Tornando in dinette, massiccio il tavolo ad ante abbattibili che serve i due divani posti per chiglia i cui schienali possono sollevarsi in altri posti letto a castello. Più a prora, sulla sinistra c’è il locale igienico della cabina di prua e, sulla dritta un capace armadio. Per quanto l’arredo sia in mogano e il colore dei rivestimenti sia il classico blu HR, gli ambienti non sono bui e la luce arriva abbondante dai molti oblò di buone dimensioni che si aprono sulla tuga. Si segnala una nota in negativo per la qualità del materiale con cui sono realizzate le cornici di queste finestrature. Ho rilevato qualche problema di corrosione galvanica dell’alluminio in corrispondenza delle viti di fissaggio in acciaio inox.
Il serbatoio dell’acqua è in vtr, e posizionato sotto il pagliolato della dinette, è integrale (non si può togliere) e ha una capacità di circa 560 litri. I serbatoi del combustibile sono invece due, uno integrale sotto il motore e uno in acciaio inox posto in dinette sotto il divano di sinistra. E’ da rilevare che i tubi destinati al travaso e all’imbarco del gasolio non sono conformi alle normative di sicurezza e devono essere sostituiti. Sempre in tema di sicurezza, su entrambe le barche non era presente l’intercettazione del combustibile con comando remoto e, di conseguenza, le barche non avrebbero dovuto superare le visite di sicurezza.

Difetti

Alcune delle seguenti note hanno carattere oggettivo e sono quelle che riguardano la sicurezza della navigazione in rapporto agli standard da adottare per le imbarcazioni con bandiera italiana. In particolare mi riferisco all’uso di tubi non termoresistenti per gli impianti del gasolio, alla mancanza dell’intercettazione d’emergenza del combustibile e alla posizione della bombola del gas. La rumorosità del motore avvertibile in pozzetto, per quanto non sia poi così elevata, può essere una voce che condiziona il comfort specie se si deve affrontare un lunga navigazione a motore. Eliminare le infiltrazioni dalle cornici degli oblò è senza dubbio una bella scocciatura ma non possiamo dimenticare che la maggior parte delle barche che si avvicinano ai 30 anni di vita hanno problemi
di ben altra portata.