Piero Ragazzi | Sea Ray Sundancer 370
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Sea Ray Sundancer 370

Un open americano di 11 metri e mezzo con due cabine e un bagno. In Italia diffusa la versione con motori diesel. Il prezzo è intorno ai 150.000 euro.

Dal 1995 Sea Ray è parte del gruppo Brunswick Corporation, colosso nel settore dei motori marini e di yacht, ed è così che la solidità finanziaria unita alle qualità dei manager e dei tecnici hanno fatto del cantiere americano il costruttore che, in ambito mondiale, propone la più ampia gamma di yacht nella fascia da 17’ a 68’ per un totale di circa 40 modelli in quattro linee: Sport Boats da 5 a 9 metri, Sport Cruisers da 8 ad 11, Sport Yachts da 11 a 15 e Yachts da 15 a 18 metri. Sea Ray tra i marchi di povenienza extracomunitaria riscontra un gran consenso ma, specie in Italia, le vendite sono inferiori rispetto al livello della qualità. Le ragioni di questa situazione sono diverse: la prima è una motivazione economica da ricercarsi nel passato quando i prodotti d’oltreoceano, penalizzati da un cambio sul dollaro non favorevole come oggi, hanno trovato difficoltà ad affermarsi nelle fasce di prodotto medio piccole. Altro freno si può individuare nel family feeling che caratterizza tutta la produzione dei Sea Ray. Lo stile immediatamente riconoscibile per le linee arrotondate e un tocco vintage che le distingue da quelle nate negli atélier di progettazione italiani ha contrapposto queste barche a una produzione nazionale ampia e all’avanguardia per estetica e prestazioni. Insomma, i cantieri del bel Paese hanno avuto ben poco da temere dai concorrenti americani. Il look dei Sea Ray, pur richiamando le atmosfere esotiche dei serial televisivi ambientati a Miami o in California, non è stato giudicato abbastanza carismatico da imporre uno stile oltre la moda. Esaminando le particolarità dei modelli più diffusi, si nota come il maggior numero di pezzi venduti sia composto da unità piuttosto piccole e confortevoli, certamente non estreme, destinate a un uso “balneare”. I motivi per cui ci occupiamo del Sundancer 370 sono molti: lo Sport Cruiser di 37 piedi è un classico assoluto, una barca che permette anche navigazioni impegnative ed è abbastanza versatile da consentire attività diverse. Nel caso particolare del Sundancer 370 abbiamo considerato che le qualità del prodotto sono elevate in rapporto allo standard medio della produzione nazionale ed europea e ci ha stimolato proporre la versione open di un modello, il Sea Ray 370 Sedan Bridge, del quale abbiamo già pubblicato la prova. Pur non trattandosi dello stesso scafo a cui è stato semplicemente tolto il fly, le analogie sono molte e abbiamo ritenuto interessante trattare delle differenze di comportamento tra le due barche. Lo yacht, a nostra disposizione, era una barca di una decina d’anni ben tenuto. Ciò, unito a una buona qualità costruttiva, ha conservato lo yacht in uno stato generale superiore allo standard medio rilevabile su imbarcazioni dello stesso tipo e della stessa età.


Piero_Ragazzi_barca_SundancerLa prova

Il test si è svolto in Liguria in condizioni meteo difficili, nel corso di una forte sciroccata con pioggia battente, vento a raffiche e mare agitato. Pur considerando legittima qualche ansia nel lasciare l’ormeggio con il tendalino montato, la superficie esposta al vento non è ampia e la manovra non richiede particolare esperienza. La buona manovrabilità e la dolcezza di risposta permette di tenere tutto sotto controllo. La presenza del bow thruster è quasi superflua e, se le condizioni non sono drammatiche, si è portati a dimenticare di averlo. Giunti in cantiere e alata la barca, osserviamo l’opera viva che ha caratteristiche progettuali simili a quella del modello flying bridge: V moderata con angolo di deadrise medio che degrada verso poppa senza  però raggiungere valori “da lago”. Per agevolare la planata e stabilizzare lo yacht, due pattini longitudinali corrono su ogni semicarena da prua fino quasi a poppa. A conferma della buona qualità della costruzione, il gelcoat è privo di bollicine d’aria incluse nella laminazione e che, pur vecchio di una decina di anni, è ben conservato grazie all’utilizzo di resina vinilestere che garantisce una superiore resistenza all’assorbimento di umidità. Tornati in acqua abbiamo apprezzato che, pur trattandosi di un tipo di imbarcazione pensata per un utilizzo tranquillo, le sollecitazioni imposte dalle onde non vengono trasmesse all’equipaggio in modo violento ma sono filtrate e ammorbidite dalle qualità dinamiche della barca. Contribuiscono al comportamento tanto le caratteristiche della carena, quanto un dislocamento importante e una distribuzione dei pesi equilibrata. Spingendo a fondo le manette, la risposta è tipica dei Sea Ray, progressiva e dolce ma, per gli standard a cui siamo abituati, poco emozionante. La scelta del costruttore si è infatti sempre orientata a mantenere un rapporto tra dislocamento e potenza piuttosto moderato e, nel nostro caso, contrappone un peso a secco di oltre 8 tonnellate a due motori da circa 300 cavalli che, con le caratteristiche di questa carena, fanno quello che possono. E’ così che, superata la pigrizia iniziale, la velocità sale in modo progressivo fino a valori in linea con le aspettative. Corretta la sensibilità all’azione dei flaps che consentono di mantenere con facilità l’assetto più favorevole. Il baricentro più basso rispetto al modello Sea Ray 370 Sedan Bridge, contiene l’ampiezza delle oscillazioni del rollio anche se, come è naturale, il movimento risulta meno dolce, caratteristico di una barca “più dura”.

Sundancer_370_Piero_RagazziMotori
Il Sundancer è una barca tipicamente americana e, nella versione più diffusa negli States, monta i motori a benzina Mercruiser 7.4 da 310 cv ciascuno, molto più a proprio agio con pompe che erogano il prezioso liquido in galloni piuttosto che in litri. In Europa sono diffuse molte unità che montano diesel di diversi costruttori: i Caterpillar da 300 cv come nel nostro caso, i Cummins da 307 cv, o gli Yanmar da 315 cv. La barca del test, con carico leggero e carena pulita, ha spuntato una velocità massima di quasi 30 nodi, di poco inferiore a quella ottenibile con i ben più impegnativi Mercruiser 7.4 a benzina proposti come dotazione standard. Consumi e relativi costi di esercizio a parte, le velocità massima e di crociera sono in tutte le configurazioni elencate più o meno equivalenti. Gli elementi che possono orientare diversamente nella scelta sono una maggiore sicurezza “fisiologica” per i propulsori diesel a fronte di costi di manutenzione ordinaria e rumorosità d’esercizio mediamente più sensibili rispetto alle unità dotate di motori a benzina. Per quanto concerne la potenza installata, i 600 cavalli totali risultano adeguati per un’utenza non particolarmente sportiva, mentre chi ama le sensazioni forti troverà l’erogazione un po’ troppo “elettrica”, cioè sentirà la mancanza di quello spunto, dell’adrenalina trasmessa dall’entrata in coppia dei motori quando il rapporto tra potenza e dislocamento è più spinto. Volendo paragonare le prestazioni in velocità del Sundancer 370 con quella della versione fly, la velocità massima della prima è decisamente superiore e consente una velocità di crociera superiore di almeno 5 nodi. Questo dato, potendo contare su circa 1.000 litri di combustibile, pone a portata di navigazioni diurne destinazioni anche impegnative.

sundancer_370_intern_Piero_RagazziCoperta e interni
La plancetta di poppa (optional) permette un facile accesso al pozzetto attraverso il tuna door e ci accoglie un ampio divano a U con tavolo regolabile in altezza che, all’occorrenza, trasforma la zona in una grande piattaforma-solarium. Transitare sugli stretti passavanti dotati di una bassa battagliola non è molto comodo ed è quindi necessario fare attenzione se lo yacht rolla. La tuga può essere trasformata in un altro grande prendisole il cui piano è sfruttabile al meglio nella parte centrale. Il posto di pilotaggio è organizzato con una doppia consolle che riserva un cruscotto separato dove sono posizionati i classici strumenti di controllo di tipo analogico di forma circolare con corona cromata. Una seconda zona, caratterizzata da superfici movimentate, offre ampio spazio per la strumentazione elettronica. Sottocoperta si ha la piacevole sorpresa di trovare sulla sinistra una cucina di ampiezza, razionalità e qualità di costruzione superiore alla norma per il tipo di barca. La zona lavoro è organizzata con un piano di cottura a tre piastre elettriche dotate di tubo fermapentole, lavello di forma inusuale (e non particolarmente ampio), cestino per la raccolta dell’immondizia e di un piano di lavoro spazioso. Contrapposta alla cucina si trova la zona da pranzo costituita da un divano servito da un piccolo tavolo che è più corretto definire da cocktail. Le dimensioni del locale dei servizi igienici sono sorprendenti, degne di un modello di dimensioni superiori. Grazie ai rivestimenti chiari e alla mancanza di legno a vista, le due cabine risultano molto luminose. L’organizzazione della sala macchine è razionale e propone volumi e spazi in linea con barche di tipo e dimensioni analoghe. Pratico il portellone che si solleva con un pistone idraulico, ma non si può par-lare di grande comodità nella manutenzione. L’impiantistica è degna di nota per linearità e facilità di identificazione delle linee che sono etichettate e correttamente disposte. 

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